di Matteo Lai.
I sistemi elettorali, si sa, sono metodi di manipolazione del voto. Ovvero, sono il necessario filtro che permette di tradurre in seggi la volontà dei cittadini. Tuttavia è buona norma che la manipolazione, il filtro, sia lieve e impercettibile, non distrorca troppo (per quanto possibile) le scelte effettuate in cabina elettorale.

Un sistema simile, anzi, forse leggermente meno indecoroso, vide nel 1953 una sollevazione popolare, passando alla storia come “legge truffa” e, dopo le elezioni, fu rapidamente accantonata, non avendo raggiunto la coalizione di maggioranza la prevista soglia del 50%+1 dei voti.
Oggi, invece, un partito che si definisce fin dal nome “democratico” propina una legge che della democrazia è l’antitesi. Gli scopi di Renzie sono ormai chiari: finte riforme per la realizzazione di un vero sistema iperliberista. In questa direzione vanno l’eliminazione della democrazia dalle province (e non la prevista abrogazione tout court di questi enti), l’eliminazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (e dell’articolo 13, che vietava il demansionamento dei dipendenti), l’eliminazione del dibattito interno al Pd, perché non si deve parlare al conducente.
Insomma, questo governo sembra saper solo eliminare, nel campo dei diritti e della partecipazione. E le giovani facce dei componenti dell’esecutivo appaiono sempre più come vuote maschere, dietro alle quale si celano i veri volti dei poteri forti economici che comandano l’Europa.
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