Alien 4: Vado Ligure edition

Dopo le dichiarazioni con cui Monica Giuliano, già giovane promessa della sinistra vadese all’epoca di Roberto Peluffo prima e di Carlo Giacobbe poi, si attende ora la mossa del Pd sabazio, che vada oltre lo “sconcerto” annunciato oggi. Sebbene oggi la sindaca vadese non faccia più parte del Pd e anzi sputi vigorosamente nel piatto zingarettiano, pare necessario un breve riassunto delle puntate precedenti.

Monica Giuliano, assessore dell’ultima giunta Peluffo, è confermata anche nella successiva, guidata da Carlo Giacobbe. Dopo il suicidio politico derivante dal referendum sulla piattaforma – dichiarato nullo per una manciata di voti e soprattutto inascoltato – realizza quello che, fino a poche ore fa, era il suo capolavoro politico: candidata sindaco, viene sconfitta dalla lista dei parvenù dei comitati, lasciando tutti a bocca aperta. Un po’ come la Juventus col Lione, per capirci. Nonostante questo, una debacle che avrebbe sepolto (politicamente) politici anche più esperti, riesce comunque a strappare nuovamente la candidatura per le elezioni del 2014. La lista del centrosinistra ufficiale supera il 52%, tutte le altre liste sono – più o meno – riconducibili all’area del centrosinistra, tranne una, dichiaratamente di centrodestra, che arriva ultima e raggiunge il 5%. Cinque anni dopo la riconferma con quasi il 70% dei voti, raggiunti però anche grazie alla “desistenza attiva” del centrodestra, che non si presenta ma mette in lista tre suoi esponenti.

Questa la storia. Ora, invece, dopo il coming out a favore di Toti (e Vaccarezza), il Pd vadese (e provinciale) si trova a gestire la più grave defezione dai tempi di Angioletto Viveri. Diversi i livelli di intervento. Ne ipotizziamo alcuni.

Livello 0. Il Pd locale non fa nulla e prende atto della situazione. Così legittima la decisione di Giuliano e decreta la sua fine come partito e trasformazione in contenitore elettorale.

Livello 1. Il Pd vadese crea un proprio gruppo consiliare, dichiarando di vigilare sull’operato del sindaco ma non ritirando i propri assessori. È l’ipotesi meno dolorosa, che permetterebbe di salvare la faccia senza in realtà cambiare (quasi) nulla.

Livello 2. Oltre al “livello 1”, il Pd ritira i propri assessori, garantendo l’appoggio esterno e lasciandosi le mani libere di ogni provvedimento. Praticamente si tratta di una ipotesi accademica: più di metà mandato di guerra di logoramento non gioverebbero a nessuno, men che meno al Pd che si troverebbe comunque a essere partito di maggioranza ma con un appoggio “esterno”, col rischio di portare ad una “conta” interna all’ultimo sangue. Può però avere una valenza transitoria, per portare il sindaco ai famosi due anni, sei mesi e un giorno, trascorsi i quali non sarebbe più ricandidabile e – quindi – andrebbe fuori dai giochi.

Livello 3. Passaggio del Pd all’opposizione e sfiducia del sindaco. Sicuramente l’ipotesi più netta e più chiarificatrice. Monica Giuliano e i suoi nuovi amici da un lato, dall’altro chi ritiene che Toti e Vaccarezza siano in antitesi con i valori della storia vadese. Forse troppo coraggiosa, come scelta.

Ovviamente le ipotesi formulate sono solo fantapolitica, esistendo migliaia di micro varianti. Resta il fatto, tuttavia, che oggi abbiamo assistito ad un fatto che il Pd non può tollerare, se vuole avere ancora un briciolo di credibilità come partito. Destra e sinistra sono contenitori ben distinti e separati, a livello di valori in campo sociali, economico, culturale e storico. Chi parla di “politica liquida” ha, in realtà, già fatto la sua scelta: posporre idee e ideali al momento contingente.
Il contrario della buona politica, che prevede impegni e progetti di lungo termine, ne oltre la scadenza del mandato.

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