L’affondamento del “Tito Campanella”

E’ il 14 gennaio 1984 quanto la nave mercantile “Tito Campanella”, della società savonese Alframar si inabissa nel Golfo di Biscaglia, portando con sé in fondo al mare le 24 persone dell’equipaggio, tra cui una donna, moglie del comandante e primo ufficiale. Per lungo tempo i motivi della disgrazia rimangono oscuri: nessun testimone, nessun superstite, nessuna comunicazione radio che abbia fatto presagire quanto stava accadendo. Probabilmente, tutto si svolge in pochi minuti, nel corso di una tempesta con mare forza 8 con onde alte oltre 10 metri.

img_1481La nave, alla partenza dal porto svedese di Oxelösund, il 7 gennaio 1984, non appare quasi in grado di prendere il mare. Già l’anno prima, nel 1983, un ispettore svedese aveva dichiarato in un rapporto che la “Tito Campanella” mostrava “numerose deformazioni in tutte le stive, interessanti strutture trasversali e paratie”. Inoltre, secondo quanto appurato da una commissione d’indagine amministrativa del Ministero della Marina Mercantile, incaricata di individuare le cause del naufragio, “la stazione telegrafica di bordo era fatiscente, il personale a bordo insufficiente e i mezzi di salvataggio erano vecchi”.
Nonostante questo, la “Tito Campanella” lascia il porto scandinavo diretta nel Pireo, in Grecia, carica di oltre 20 mila tonnellate di lamiere di metallo. L’ultimo contatto tra la nave e l’armatore avviene il 13 gennaio, quando il comandante Luigi Specchi comunica: “Tutto bene a bordo, il mare è agitato ma non più di forza 6”. Il giorno dopo la tragedia che, secondo quanto appurato dalla commissione di indagine ministeriale, è causata dal carico mal sistemato: le lamiere, non assicurate, si spostano con violenza e sfondano le fiancate, facendo inabissare la “Tito Campanella” in pochi minuti.
img_1482Per qualche tempo il destino della nave rimane un vero e proprio mistero. Una imbarcazione argentina dichiara che il giorno stesso del naufragio avrebbe captato il messaggio “Passiamo lo stretto di Gibilterra”, seguito, l’indomani, da: “Siamo entrati nel Mediterraneo”. Questo, unito all’assenza di messaggi di avaria, ma anche al fatto che di accertare i fatti fosse chiamata non una commissione d’inchiesta (ma neppure d’indagine) d’iniziativa parlamentare, ma solo una “commissione di indagine amministrativa” ministeriale, ha portato prepotentemente alla ribalta ipotesi complottiste.
La Procura di Savona, come poi raccontato da La Repubblica nell’edizione del 30 giugno 1988, si è trovata a verificare le dichiarazioni di Fabio Bruni, un ex motorista del “Tito Campanella”, secondo il quale la nave avrebbe trasportato armi sovietiche e scorie tossiche. A muoverlo a fare queste rivelazioni, pare siano state le ormai precarie condizioni di salute: “Ho già subito due infarti e non posso essere operato – dichiara infatti al giornale -. Non mi resta molto da vivere e per questo non voglio custodire da solo il segreto, per un atto di verità e di giustizia nei confronti delle famiglie delle vittime. La Tito Campanella veniva usata per traffici illeciti”.
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Tali dichiarazioni non hanno mai trovato riscontro in sede di giudizio e la prima sentenza, arrivata solo nel 1990, aderisce alla verità individuata dagli esperti del Ministero e ribadita anche dai periti: la “Tito Campanella” non era in condizioni di affrontare il viaggio dalla Svezia alla Grecia, essendo le sue strutture compromesse. Secondo i giudici “il naufragio della motonave è stato improvviso e immediato. […] La ‘Tito Campanella’ si è inabissata in una frazione di tempo limitatissima”. Secondo i magistrati in campo vi era una sola ipotesi: l’affonamento sarebbe avvenuto poichè la nave si sarebbe trovata “nelle peggiori condizioni meteomarine, l’evento letale non sarebbe avvenuto senza lo sbandamento dovuto allo spostamento del carico”.
il-marinaio-renata-cuneo-2 Il Tribunale di Savona condanna quindi a 1 anno e 8 mesi – per omicidio plurimo e disastro colposo – quattro dei dodici indagati: uno dei soci della società amatrice della nave, un ispettore del Rina, il comandante del porto di Oxelesung e il dirigente della squadra incaricata del carico sulla nave. Solo l’anno successivo, la Corte d’Appello di Genova manda invece tutti assolti.
Oggi solo la statua del Marinaio, realizzata da Renata Cuneo e posta all’imboccatura del porto di Savona, ai piedi della Torretta (dopo essere stata per lungo tempo all’ombra della vicina Camera di Commercio), ricorda i marinai del “Tito Campanella”. Di loro non si è trovato mai neppure il relitto che li custodisce, evanescente come la verità e le responsabilità che non sono mai state individuate.
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1 thoughts on “L’affondamento del “Tito Campanella”

  1. Mio Zio era su quella Nave…
    È tutto veramente incredibile ridicolo e vergognoso….
    Per me è un caso irrisolto… non c’è una minima prova che dimostra la penosa ipotesi della sentenza…
    Ma scherziamo… se è così come dicono perché non vanno a vedere se è la sotto…lo stato italiano dovrebbe tutelare e dare risposte ai cari delle vittime no????
    Com è possibile che mai nessuno non ne ha mai parlato di un fatto del genere???
    Neanche a scrivere hai programmi ti cagano..
    Quella nave è stata fatta sparire… non è mai affondata… se qualcuno ha sentito e intercettato i segnali
    che nei giorni a seguire si trovava nel mediterraneo… ci sarà qualcosa di vero…
    Spero che qualcuno che ha potere un giorno si svegli e faccia qualcosa almeno per le “vittime “

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