L’esplosione del forte Sant’Elena

Sono le dieci di sera del 25 ottobre 1921. Un incendio boschivo si avvicina pericolosamente al forte di Sant’Elena, posto sull’omonimo monte, al confine tra Bergeggi e Vado Ligure. In altre occasioni gli altri forti savonesi, situati in zone boschive – quelli della Madonna degli Angeli, della Madonna del Monte e di Monte Ciuto – sono stati lambiti dalle fiamme, senza che nulla accadesse. E’ questa la considerazione che deve tranquillizzare i sette militari di stanza nella fortificazione. Questa volta, però, il destino ha deciso diversamente. Le fiamme riescono a raggiungere due depositi, anche se posti all’interno delle mura di cinta del presidio, facendo deflagrare diciotto tonnellate di materiale esplosivo, tra polvere pirica e dinamite.

L’esplosione è devastante, a tal punto che molti – tra i più anziani – hanno memoria di racconti che ricordano quella disgrazia. In un articolo dell’epoca, pubblicato sul quotidiano La Stampa nei giorni successivi, si legge: “La prima impressione degli abitanti della regione, fu che si trattasse di una scossa di terremoto e nel timore che si ripetesse le case furono abbandonate. Tutti gridarono in preda al terrore, si riversarono per le strade. Fu una confusione indescrivibile. La gente si rese conto dei fatti: comprese che si trattava di un’esplosione al Forte Sant’Elena”. Sebbene sia impossibile, per ovvi motivi anagrafici, avere a disposizione testimonianze “di prima mano” di quei fatti, gli anziani che si sono sentiti raccontare quell’avvenimento da parte dei propri genitori o dei fratelli maggiori ne parlano ancora oggi come una vicenda devastante: nel paese di Zinola, comunque abbastanza distante dal forte, la popolazione – in preda al panico – si sarebbe allontanata dal centro abitato verso il colle della Madonna del Monte, per cercare di mettersi al sicuro dal materiale che continuava a piovere dal cielo..

Morti, feriti e danni si contano nel comprensorio tra Finale Ligure e Savona, anche se a pagare il maggior prezzo è Bergeggi. Il materiale proiettato dall’esplosione arriva ad uccidere una contadina a Spotorno e a ferire due guardie del Dazio a Zinola. Le vittime, alla fine, sono venticinque, oltre 250 feriti, di cui un centinaio in gravi condizioni. Per dare un’idea della violenza della detonazione, la cupola corazzata della stazione telegoniometrica viene lanciata fino a Bergeggi.

Nonostante il bilancio sia pesantissimo, la santabarbara del forte non viene toccata: posta nel sottosuolo, a undici metri di profondità, se fosse esplosa avrebbe veramente potuto trasformare il circondario in una seconda Pompei.

 

  

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