Acqua pubblica: un referendum non è per sempre

di Matteo Lai.

E’ di questi giorni la polemica savonese nata in seguito all’incorporazione dell’Acquedotto di Savona in Iren, la società multiservizi che gestisce non solo l’acqua, ma anche il ciclo dei rifiuti in città come Genova, Parma, Reggio Emilia e Torino. Al di là delle capriole politiche di sindaci in quota Pd che si sperticano a favore dell’acqua pubblica, pur essendo iscritti ad un partito che – perlomeno – non è stato proprio capofila nella lotta contro la privatizzazione del servizio, è necessario porre alcuni (dolorosi) punti fermi.referendum-acqua-scheda-rossa_1_originalIn primo luogo, i quesiti riguardavano la gestione del servizio idrico e non la privatizzazione dell’acqua in quanto bene. Pare una questione di lana caprina (l’acqua è pubblica, ma se non viene portata a domicilio degli utenti questo poco conta…) ma non è così, tant’è vero che ha permesso di “dribblare” tanto le intenzioni dei promotori quanto l’opinione pubblica.

Mentre il secondo referendum, basato sul principio – sacrosanto – per cui sull’acqua non si lucra, risultava già in allora abbastanza complesso, abrogando una norma per cui la tariffa per l’erogazione dell’acqua era calcolata sulla base della “remunerazione del capitale investito dal gestore fino a un massimo del 7%” (comprendendo profitti, oneri finanziari derivanti da prestiti e altri costi non scaricabili), il vero motivo del contendere era (ed è tutt’ora) contenuto nel primo quesito. referendum-acqua-scheda-gialla_originalQuesto, infatti aveva abrogato la norma che – da lì a pochi mesi – avrebbe obbligato gli enti locali a indire gare per l’affidamento del servizio idrico. Attenzione: ad essere oggetto del quesito era, appunto, l’obbligo. Scomparso questo, cosa è mutato? Nulla. Pur non essendo più “costrette” dalla legge, le varie amministrazioni, hanno proseguito sulla via intrapresa, dando in concessione a soggetti pubblici, privati o – più spesso – misti la gestione degli acquedotti.

Ad indignare dovrebbe essere soprattutto questo. La mancata ricezione, da parte del legislatore, della volontà popolare che – chiaramente – esigeva che acqua e la sua distribuzione restassero in mano pubblica. Ma dovrebbe anche stupire dolorosamente il fatto che gli amministratori locali, proprio quelli che oggi si indignano per il passaggio dell’Acquedotto di Savona in mano ad Iren, non abbiano fatto nulla – quando ne avevano il modo ed il tempo – per fermare l’acquisizione.

acquaInoltre, a dare man forte ai fautori del servizio idrico in mano ai privati (o simili) c’è anche un dato di natura costituzionale. Un referendum non è per sempre. Ha una data di scadenza, come uno yogurt, ovvero quello della legislatura in cui è stato effettuato. Dopo si presume che i cittadini non votino più per chi propugna, nel proprio programma, una determinata linea, contraria a quanto deciso da un referendum magari da poco svolto. Purtroppo non sempre è così. Le sensibilità e le realtà politiche sono composite: il rischio è il cortocircuito della volontà popolare, così come è realmente successo.

 

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