Tre bombe ad orologeria nei porti di Genova, New York e Los Angeles

Se tra vent’anni i nostri figli o nipoti dovessero domandarci qualcosa su questa esperienza pandemica, come ad esempio quali furono i luoghi più colpiti, dove il contagio fu inevitabile, oppure ancora dove si diffuse più rapidamente, parleremmo senza alcun dubbio della Cina, per indicare il Paese in cui tutto ebbe origine, e dell’Italia, come il primo Paese dove il contagio esplose nella maniera più violenta.

Proseguendo potremmo anche raccontare come, dati alla mano, i maggiori centri del contagio furono le residenze protette per anziani e le navi da crociera. Quest’ultime in modo particolare a partire dalla Diamond Princess nei mari del Giappone – la prima nave con a bordo più di 700 contagiati -, fino ad arrivare alla Costa Luminosa ancorata nel porto di Savona dove, sbarcati i passeggeri tra cui numerosi contagiati, si continuano ancora oggi a contarne di nuovi tra i membri dell’equipaggio. Con buone probabilità le navi – per la loro conformazione – si sono rivelate delle autentiche trappole, vuoi per gli spazi comuni, vuoi per caratteristiche costruttive come i sistemi di areazione.

Con queste premesse non è sembrata affatto una buona idea aver allestito un ospedale da campo, per far fronte all’emergenza del nord Italia, a bordo di una nave ancorata nel porto di Genova (la Splendid, messa a disposizione dalla compagnia GNV al prezzo simbolico di un euro dall’armatore Aponte, dalla metà del mese di marzo) nonostante si sia intervenuti per isolare i sistemi di areazione delle cabine rendendoli autonomi. A meno che non si fosse deciso di ricoverarvi soltanto malati non colpiti da Covid 19, nel chiaro intento di alleggerire la pressione sugli ospedali.

Motivazione quest’ultima che ha spinto in questi giorni le autorità statunitensi a far arrivare nelle baie di New York e Los Angeles due mega navi ospedali in dotazione alla Marina Militare – ospedali galleggianti da circa mille posti letto e 80 per le terapie intensive – per alleggerire gli ospedali locali dai malati non Covid 19 che necessitano di cure e che farebbero fatica a trovare spazio nei reparti tradizionali convertiti in buona parte per fronteggiare l’emergenza.

Il motivo lo spiegano direttamente le autorità sanitarie locali: secondo gli esperti infatti, sebbene le navi siano perfettamente attrezzate, rappresentano il luogo meno adatto per l’isolamento del virus tra contagiati, ammalati in via di guarigione, guariti in quarantena e personale sanitario. In sostanza sostengono che per quanto si agisca nel differenziare i sistemi di areazione tra cabine la promiscuità all’interno è tale da non poter mai garantire in modo assoluto l’isolamento.

Ma la spinta dell’opinione pubblica, inferocita contro l’amministrazione Trump, ha imposto una retromarcia alle autorità locali che in queste ore hanno preso la decisione più pericolosa: aprire le navi ospedali ai malati Covid 19. Attualmente in quella di New York sono già più di 500 i pazienti ricoverati.

Fortunatamente a Genova la situazione sembra essere meno esplosiva, sia per il numero di ricoveri, fino ad ora circa 30, sia perché gli ospedali locali stanno rispondendo abbastanza bene. Tuttavia la nave in questione, che ormeggia ormai da quasi un mese nel cuore della città, è una delle più vecchie della flotta e non proprio tra le più green in circolazione, quindi non soggetta a rispettare normative piuttosto severe sulle emissioni. Se l’effetto bomba ad orologeria al suo interno (possibilità di trasformarsi in un focolaio) sembra essere piuttosto remota, resta attuale il problema dell’inquinamento atmosferico a lento rilascio.

Curare al proprio interno e contribuire a peggiorare l’ambiente esterno – favorendo l’insorgere di malattie cardio respiratorie – rende la mission della nave più un ossimoro che un presidio sanitario reale, il cui vero scopo ad oggi sembra essere stato quello di rappresentare l’ennesima passerella elettorale per qualcuno, più che una reale necessità.

Speriamo soltanto di non dover raccontare tra 20 anni, a proposito di questa pandemia, anche delle tre ‘bombe amiche’ lanciate dalle rispettive amministrazioni nei propri porti.

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