Solo per la maglia! Ma siamo proprio sicuri?

di Osvaldo Ambrosini.

In tempi di crisi per il calcio italiano, bisogna rimarcare come siano distanti gli anni in cui il nostro era il campionato più bello del mondo, con i calciatori più forti del mondo, in cui in numerose società militavano calciatori di lungo corso tali da diventare autentiche bandiere (l’ultima, De Rossi, ammainata proprio quest’anno dalla Roma). Oggi che tutto questo non esiste più quante volte abbiamo sentito da più parti intere tifoserie invocare fedeltà e tifo “solo per la maglia”?

La maglia della propria squadra del cuore, i propri colori, come ultimo feticcio rimasto sul quale praticare il culto della fede calcistica nonostante il combinato disposto interessi delle pay tv (partite al ‪lunedì sera‬ o alla ‪domenica a pranzo‬), stadi obsoleti, caro biglietti e tessera del tifoso abbia contribuito, e non poco, a svuotare gli stadi italiani, privandoci di antiche ritualità della domenica.

Eppure anche la maglia non è stata risparmiata dall’evoluzione del ‘calcio moderno’, accezione negativa con cui si tende a riassumere spesso l’insieme delle negatività che ci hanno portato via anche la bellezza di ascoltare alla radio programmi come “Tutto il calcio minuto per minuto”. Dal 1981 la ‘camiseta’ delle squadre ha iniziato a ‘sporcarsi’ con i nomi degli sponsor stampati sul petto anche se nella fase inziale, durata per la verità un paio di decenni almeno, certi marchi sono diventati vere e proprie icone legate al nome delle squadre: Ariston per la Juve, Misura per l’Inter, Mediolanum Milan, Buitoni Napoli, Barilla Roma, Opel Fiorentina, Seleco Lazio, Seiko e Phonola sulle maglie delle genovesi e Sweda su quella del Toro, tanto per citarne alcune.

Dal 2005 in avanti l’accelerazione di un’inarrestabile declino morale ha svenduto letteralmente i simboli della ‘religione calcistica’ agli sponsor, raddoppiando dapprima quello sul petto (nel 2005), prevedendone un terzo sulla schiena (2014), fino ad arrivare al quarto sulla manica sinistra (2018). A questi va aggiunto il quinto, il simbolo dello sponsor tecnico del fornitore delle maglie stesse. Con lo stemma della società, quello della Lega sulla spalla, eventuali toppe di trofei o stelle come quelli sulle maglie delle più titolate Juve, Milan e Inter, si potrebbe raggiungere un numero esagerato di ‘installazioni’ su un’unica maglia che lascerebbero davvero poco spazio ai colori originali. Senza contare, tra l’altro, che il numero (spesso in doppia cifra) ed il nome del calciatore sul retro occupano la quasi totalità della parte posteriore.

Sulle maglie della serie A del campionato che sta per iniziare Atalanta, Cagliari e Torino hanno occupato tutti e quattro gli spazi a disposizione previsti, anche se non è escluso che durante il campionato altre società raggiungano questo poco invidiabile record che non può che mortificare il significato che i colori della maglia stessa rappresenta. L’aggiunta di una quantità esagerata di ‘corpi estranei’ svilisce inoltre anche l’innovazione tecnica dei materiali che i marchi sportivi ogni anno realizzano, producendo tessuti sempre più tecnici, performanti, leggeri e termodinamici. Più che dei calciatori, oggi in campo scendono, ahi noi, degli uomini sandwich che, oltre alla prestazione personale ed al risultato di squadra, hanno tra i compiti principali quello di veicolare messaggi pubblicitari.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.